mille follie, mille devianze, nessuna normalità.........
Ogni ingranaggio della cosiddetta psichiatria democratica, progressista, sociale, alternativa è concorde sul fatto che la vecchia psichiatria manicomiale sia stata un errore di percorso,una violenza inaudita, una barbarie, una macchina atroce, che per mezzo di coercizioni fisiche (lobotomia, lobectomia, leucotomia, bagni gelati, sedie girevoli, compressore ovario, iniezione del virus della malaria e della scabbia, la sedia della strega, percosse, frustate, isolamento, castrazione o asportazione delle ovaie, ferri roventi sulla nuca, elettroshock, camicie di forza, letti di contenzione..), chimiche (shock insulinico, bromuro, alte dosi di psicofarmaci ) ha violentato senza nessun limite, il corpo e la mente di milioni di individui valutati “malati mentali“. La sua danza macabra è stata sempre autoproclamata una cura e terapia medico-psichiatrica, tutto per il bene del paziente...I manicomi sono stati un’offesa all’intera umanità, è giunto il momento di concedere il diritto di essere quello che si è, il diritto al malato di mente di liberarsi dalla violenza che ha solo saputo meticolosamente delimitare con muri, porte blindate, inferiate alle finestre, lo spazio di movimento del paziente, bisognoso di ascolto, assetato di vivere la normalità, all’aria aperta, alla luce del sole, libero di fare quello che tutti fanno. Altro che cronicizzare la patologia rinchiu dendolo in “non luoghi“, privi di senso, legami, radici, valori...Sì, è proprio ora di risocializzare, di lottare contro lo stigma del malato mentale, reinserire nella società ogni portatore di “sintomi di disturbi mentali“, un vecchio“paziente”divenuto per lo più “utente“. Basta ricordare terapie ormai oltrepassate. Perché processare vecchi psichiatri che hanno solo incoscientemente e innocentemente curato anime perdute? Finalmente i manicomi sono scomparsi, grazie a Franco Basaglia e alla sua “Psichiatria Democratica“. Che cosa aspettiamo? Alziamo le vele, è ora di oltrepassare le colonne d’Ercole! Ora e più che mai senza rimasugli manicomiali avanti tutta! Nuovi orizzonti ci aspettano!
I muri dei manicomi sono stati abbattuti,solo un brutto ricordo, ma la psichiatria ha avuto il coraggio di osservare gli occhi dei suoi pazienti? Ancora oggi, come ieri, gli utenti sono etichettati, differenziati, diagnosticati...condannati! Camminiamo al loro fianco, (oltre le”8 ore al giorno“,ben distanti dai ruoli “privilegiati”di terapeuti) per infiniti percorsi che siano faticosi, estenuanti, privi di un fine logico, razionale, impercepibili da noi stessi, utopici ,incoscienti, terrificanti, gioiosi...ma, senza nessuna paura, presuntuosità e condanna psichiatrica, pur sempre sono...cammini di vita. Spiegatemi voi come si può illudere di ascoltare, “essere con“, riconoscere la personalità deviante, disagiata, marcando, quotidianamente, per anni, a vita, la differenza tra noi e l’”altro”, tra noi normaloidi e i “folli”portatori di “sintomi di disturbi mentali“. A dir poco tutto ciò è paradossale e ingannevole...Lo estrapoliamo dalla realtà sia mentalmente che fisicamente e poi pretendiamo che la società lo riabbracci e lo reinserisca nelle sue file per lo più precostituite, intolleranti, conformiste, autoproclamatesi normali. A voi, facenti ancora parte attiva di questo tribunale psichiatrico pseudoscientifico, il dovere di definirmi la “normalità” e di conseguenza la “follia”, considerata da voi stessi come malattia, patologia,da curare.
“Una linea è stata tracciata tra se stesso e se stesso e fra se stesso e gli altri. Si nega che questa linea sia stata marcata. Non c’è nessuna linea. Ma non cercate di attraversarla...“R.D.Laing.
Io psichiatra, neuropsichiatra, (al mio fianco: psicologo clinico, psicoterapeuta, assistente sociale, operatore psichiatrico, familiare...) come autorità scientifica, basata nient’altro che su pregiudizi-giudizi di valore arbitrari e non di fatto, non ti concedo il permesso di imboccare un labirinto, fatto da muri indistruttibili, che potrebbero ostacolarti e crearti seri danni alla tua incolumità fisica e mentale. No a che tu viva una tua personale esperienza gioiosa o terrificante che sia.!Vita?! No! Per me psichiatra, neuropsichiatra, dall’alto del mio piedistallo di sabbia, non autorizzo te, “borderline, psicotico, allucinato, delirante”, di poter sbagliare. Io posso tu no!! Negazione altro che ascolto!! Un no che eviti di porre in reale discussione la tranquillità familiare, sociale. Grazie al consenso dei tuoi cari (molte volte costretti, disinformati, manipolati, facendo perno sul loro smarrimento, è facile convincerli a seguire, senza troppi ricatti, le terapie psichiatriche, poste in un bel piatto d’argento, presentate come unica soluzione...), dormirò notti tranquille, ben pronto , il giorno seguente, ad agire all’insegna della mia verità, della ragione, logica, percezione, senso convenzionale, per la pace, per il bene (per il bene della nazione può avvenire la persecuzione di milioni di Ebrei., senza dimenticarsi che le guerre nascono per la difesa del bene dello stato...i manicomi, non abbiate la memoria corta..nati e cresciuti per il bene del paziente).
No al conflitto sociale, no a un confronto con se stessi e con l’”altro”. Sì alla paura, che continui ad essere il mandante dell’orrore psichiatrico. Non conosciamo un’altra branca della medicina, che obbliga con la forza fisica, il ricatto, l’inganno, il terrore a seguire le cure prescritte. Dittatura psichiatrica! L’elettroshock , oggi giorno ben funzionante è chiamato (per non destare opposizioni dai soggetti più sensibili) terapia elettroconvulsiva. Le “camicie di forza” sono quasi scomparse, ma sono aumentati i “letti di contenzione” (spesso utilizzati anche per giorni e mesi, chiedetelo ai sopravvissuti, poi mi saprete dire...) L’abuso di psicofarmaci, sempre più ridimensionato dal termine”uso”. Diamo a Cesare quello che è di Cesare.... In ogni dove la psichiatria maschera professionalmente la sua giurisdizione sovrana. Per i cosiddetti psichiatri organicisti, la “terapia farmacologica” è sempre curativa e per questo santificata, anche se non esistono esami medico-oggettivi che provino l’esistenza della famigerata malattia mentale. A loro volto la psichiatria democratica sottolinea la funzione sedativa della farmacoterapia che ci permette, a suo dire, di costruire un reale “ponte relazionale“, sottovalutando gli effetti collaterali riscontrati nel soggetto, in nome di presunti effetti benefici...(parte della psichiatria lo ammette). Altro che bilancia ris chi/benefici! Altro che semplice sedazione! E le diagnosi psichiatriche e non mediche? Sempre più insalate di parole, che si avvicinano al ridicolo, un”delirio classificatorio”dove ogni comportamento ieri “normale, oggi può divenire psicopatologico. Diagnosi ben funzionali a un terrificante controllo-omologazione sociale.
Kant già due secoli fa avvertiva:”C‘è un genere di medici, i medici della mente, che pensano di scoprire una nuova malattia ogni volta che trovano un nuovo nome”.
”C’è un continuum, una catena, una rete che lega le menti di tutti coloro che pretendono di essere normali....se la catena si spezza, tutto ritorna ad essere possibile“-G.Bucalo. Con le ceneri dei muri manicomiali si sono ricostruiti i nuovi “manicomi all’avanguardia”, tra i primi, i reparti ospedalieri di “diagnosi e cura” e di”neuropsichiatria infantile”, sempre pronti a ricevere ricoveri coatti, ma in pole-position....“ospedali psichiatrici giudiziari”, ultimo girone dell’inferno. Ma la lista è lunga: “Comunità terapeutiche” , ma che comunità?, “Case famiglia”, ma che case?, ”Centri diurni“, ma che centri?, ”Borse lavoro-lavoro protetto”, ma che lavoro? ”Servizi psichiatrici territoriali” che nascono come funghi, dove la loro “terapia” è il controllo. ”Cura” che ha permesso un sostanziale cambiamento: dalla prigione del corpo folle, si è giunti al corpo come prigione. Prima ci difendevamo da loro rinchiudendoli a chiave, ora li proteggiamo dalla nostra normale realtà...e sempre rinchiudendoli tra le vie della “città della follia”. Alcune carte da gioco sono state cambiate, ma il mazzo è sempre lo stesso, figuriamoci le regole del gioco...La odierna psichiatria risocializza i “pazienti”, persone che non sono mai libere di esprimersi a loro modo...in ambienti protetti, plastificati, depersonalizzati, dove ogni relazione è un servizio all’utenza, ben precostituita...surreale, liberi di vivere “come se fosse”. Ditemi voi come si può ( non lo si vuole nemmeno pensare) “rendere” un soggetto autonomo, libero di camminare con le proprie gambe con un lavoro, dettato dai servizi psichiatrici (che gratitudine, che fiducia in se stessi) che porta alle tasche del lavoratore, la grandissima somma di 300-400 euro al mese.
Risultato:dipendenza dai servizi psichiatrici, invalidità, interdizione...sofferenza. Ditemi voi come può essere realizzabile un sincero e interessato percorso relazionale, senza interagire con costanza e tenacia nell’ambiente sociale, familiare, locale, comunitario che è, spesso, luogo di disagio? Lavoro sintomatico, comportamentale, focalizzato sulla persona sofferente (se lo è veramente...) è la soluzione o solo una vulcanizzazione di copertoni, già da troppo tempo, da cambiare collettivamente partendo dal basso, da ognuno di noi? Psicoterapia? Spesso necessaria ma in pratica inesistente. Ci vuole una psicoterapia lontana anni luce dalla “terapia” farmacologica..e dal fare diagnosi psichiatriche.
La relazione che si crea nella quotidianità con costanza e tenacia, deve essere il fulcro di ogni azione condivisa e non manipolatoria, forviante. Agire nel locale, che può essere il parco vicino a casa, il tuo villaggio, il tuo paese, il tuo quartiere, nella tua comunità spesso frantumata, dove la psichiatria si fa spazio e crea la sua comunità, strutture, rete di servizi.
“La psichiatria non appartiene alla vita. La vita non appartiene alla psichiatria”-G. Bucalo.
Agire nel locale che si arricchisce quotidianamente con le tue esperienze, le tue radici, i tuoi valori, la tua devianza atta a porre significato ad ogni azione che compi, continuando, senza tregua, la ricerca . Esplorazioni che nessuno ti deve interrompere, facendoti inciampare in un circolo vizioso di normalità, dove ogni ruolo è incasellato, definito, diagnosticato, prevedibile, sensato, controllato, influenzato...
Piegarsi, normalizzarsi...con o senza consapevolezza. Alzare lo sguardo, per osservare le conseguenze della nostra partecipazione, complicità a qualcosa di cui spesso non siamo attori, figuriamoci registi. Devianti per resistere, devianti per essere. Senza paura di “mettersi in gioco”, autoresponsabilizzarsi, ricordandoci che siamo potenti! Fin quando non sapremo guardarci in noi stessi, negli occhi di chi ci circonda, saremo i mandanti attivi o passivi di ogni errore-orrore, tra i primi, quello psichiatrico.
Ritornando alla terapia farmacologica, non bisogna stancarci di sottolineare le dannose perplessità, dubbi, contraddizioni, un puro non-sapere...che non minano minimamente il dominio della psicofarmacologia. La maggioranza dei psicofarmaci somministrati a soggetti in età pediatrica sono casualmente...”off-label”, ovverosia non registrati dall’AIFA (agenzia italia di sorveglianza del farmaco). Con il termine “label” si indica un farmaco di cui si conoscono le adeguate vie di somministrazione, le dosi e la fascia d’età a cui può essere prescritto. Nel caso di un “off-label” questo non avviene., questo vuol dire aumentare i rischi di incontrare effetti collaterali...per il bene dei 17 milioni di bambini, 30000 solo in Italia (dati-Ist.Negri) sotto terapia farmacologica! L’AIFA, la cui attuale presidentessa è niente meno che una ex-dirigente di Farmoindustria, non è immune dalle logiche del profitto, sempre più pressionata dalle onnipotenti Case farmaceutiche.
Nel caso dei minorenni, il genitore, o chi ha la patria podestà (se si è contrari alle cure prescritte, non è difficile perderla) ha il diritto ad essere informato sui possibili effetti collaterali o “disturbi addizionali” a breve e lungo termine, senza dimenticare il fatto che ogni individuo risponde a qualsiasi principio attivo di laboratorio, in maniera soggettiva. Un diritto spesso inesistente, o solo in parte considerato, tutto in nome della professionalità dell’esperto, a cui tutto è concesso.
Nel “foglio illustrativo”di ogni “pozione magica” sono elencati le controindicazioni osservate in esperimenti, la quasi totalità finanziati dalle multinazionali farmaceutiche, (affiancate da psichiatri, neuropsichiatri, compagnie di assicurazione medica, gruppi di utenti e associazioni di familiari) sempre pronte, senza nessuna vergogna, a mascherare risultati che potrebbero limitare la vendita, se non addirittura a non ottenere (ci si dovrebbe impegnare) l’autorizzazione a commercializzare il prodotto sull’adorato mercato....
Il più delle volte le poche ricerche indipendenti ottengono risultati “clinici”(cinici) contrastanti con altri che provengono da metodologie, prassi di ricerca a dir poco inattendibili. Strategicamente i resoconti più scomodi vengono messi al bando, letteralmente occultati. A tutto questo, si risponde aumentando sporadicamente l’uso dei neurolettici. La presunta efficacia è sbandierata quotidianamente con ogni mezzo, tra i primi i mass-media, che svolgono professionalmente il loro ruolo...
Parlare continuamente,senza tregua,di un qualcosa, perché diventi per l’opinione pubblica un vero problema, una malattia da curare. Gli esperti dello”squilibrio chimico”, della mente, dell’anima, sempre protetti da “immunità parlamentare”, non hanno ottenuto che risultati troppo disomogenei tra loro e non attendibili per essere stati effettuati in luoghi depersonalizzati, e ben influenzati da agenti esterni disturbanti, che portano a una reazione comportamentale del soggetto, atti che vengono interpretati come peggioramento o cronicizzazione della “patologia“. Paradossale. Si fomenta una sofferenza (se lo è veramente) che si vuole curare...tutto per il bene della psichiatria e delle piccole e innocenti pastigliette di cui, molto spesso, non si conosce nemmeno il meccanismo d’azione. In particolar modo, nel caso dei psicofarmaci antipsicotici, si è arrivati al punto di mentire senza vergogna sulla assuefazione, prodotti che col passar del tempo incidono sulle abilità fisiche e mentali e sulla riduzione della vita media, sul rendere in molti, troppi casi, autentici disabili. Molti soggetti, per paura che le cure aumentino, non verbalizzano gli effetti collaterali. Questo silenzio, anche se per altri ovvi motivi, viene adoperato da numerosi psichiatri che non riportano controindicazioni “comuni”, di cui si è a conoscenza ma mai l’AIFA ha sentito voce...figuriamoci i gruppi di ricerca delle Case farmaceutiche.
Ognuno ha il suo ruolo, in questo fatiscente palcoscenico, ben incollato al suo prestigio, alla sua “poltrona”. Tutti complici attivi o passivi, ovvero indifferenti, ma sempre mandanti di questa dittatura psichiatrica. E’ ora di scendere una volta per tutte dal palcoscenico!
La persona che assume neurolettici si sente sconnessa dalla realtà, sonnolente, stordita da antipsicotici che per l’effetto “paradosso” aumentano i sintomi di una patologia, ovverosia una condanna emessa da menti ragionevoli, dalla normalizzazione sociale-psichiatrica. Sbalzi di umore, periodi di calma , alternati da “iperattività”, inusuali modi di parlare, sentire rumori , e o voci, sono solo alcuni comportamenti che vengono etichettati con “disordine mentale ricorrente” ben adoperati come giustificazione medica per ricorrere a un ulteriore uso di antipsicotici , che in realtà sono causati dai psicofarmaci stessi. In queste poche pagine non voglio porre troppo profondamente il dito nelle innumerevoli piaghe, per questo non scrivo nemmeno due parole sulla discinesia tardiva (che colpisce ben il 20% dei soggetti sotto psicofarmaci per più di un anno, di cui il 30% è irreversibile), sulla sindrome maniacale (per il 45% porta alla morte dell’individuo), sulla “terapia di mantenimento”, farmaci antidepressivi, terapia per i “resistenti”, al famoso Ritalin e al Prozac (ora,grazie all’AIFA è possibile somministrarli a bambini di 8 anni) alla “terapia elettroconvulsiva”, sul fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia l’utilizzo di neurolettici solo per alcune settimane, e tanto altro ...purtroppo, ma sulla somministrazione di psicofarmaci a “lento rilascio“, non posso rimandare a prossimi approfondimenti. La persona che ha la fortuna di “fare la sua vita“, sotto “libertà vigilata, non si deve nemmeno preoccupare di prendere quotidianamente i suo psicofarmaci, ma deve recarsi ogni 7-14 o più giorni dalla psichiatra per una bella punturina, con cui il neurolettico si rilascia lentamente per il tempo prestabilito, fino a prossima somministrazione cosiddetta “depot”. Se avete solo intenzione di non recarvi all’ appuntamento con il vostro adorato psichiatra, non preoccupatevi che molto spesso, una sirena giungerà alle vostre orecchie e in un attimo sarete letteralmente circondati da “camici bianchi” e da “forze dell’ordine”. La minaccia e la violenza, ditemi voi, sono cure, o abusi al soggetto, privato del diritto di scegliere il proprio cammino da seguire?! Terminerei mettendo in risalto, che la terapia farmacologica,somministrata a lento rilascio, non può essere dismessa gradualmente dal soggetto, a differenza di chi si somministra autonomamente la dose. Tutto deve essere autorizzato dallo psichiatra o neuropsichiatria.
Per dismettere da qualsiasi farmaco psichiatrico, è fondamentale una rete relazionale che sappia sostenere il soggetto durante tutto il periodo delle dismissioni. Nel caso dei neurolettici si consiglia la presenza di un medico non psichiatra (in casi rarissimi si incontra uno psichiatra disponibile a una reale dismissione, conoscetelo bene prima di fidarvi... ma secondo più esperti è possibile la riduzione fino alla totale dismissione dei prodotti psicofarmacologici, senza un controllo medico visto che è difficile trovarli, per tale percorso (in testi specifici si possono trovare tracce fondamentali, per ridurre la probabilità di incontrare effetti negativi, per assuefazione dei psicofarmaci-vedi testi di P.Breggin). Con la tecnica “depot” aumentano notevolmente i rischi di scontrarsi con la discinesia tardiva...un piccolo particolare che mi stava sfuggendo... .
In questi brevi e fin troppo concisi appunti, non ho nessuna intenzione di scendere, soprattutto per quanto riguarda la terapia farmacologica, nei particolari, ma per eventuali approfondimenti sono sempre reperibile, affiancato da persone che di queste belle parole sanno certamente qualcosa...tutto sulla propria pelle...
Solo chi è parte del problema prenderà parte alla soluzione. Non mi sono soffermato sul come agisce un farmaco psichiatrico (ripeto, in molti casi nemmeno i gruppi di ricerca sono sufficientemente a conoscenza del meccanismo d’azione), ma mi sono posto, e continuerò a farlo, l’interrogativo sul perché utilizzarlo. Metto, anzi, mettiamo in discussione il pensiero che sta a priori di ogni azione, per lo meno quelle ragionevoli, logiche, sensate, curative di tutte le psichiatrie, nessuna esclusa...Non scervellatevi troppo che il super terapeuta è ovunque, dove meno te lo aspetti.
Eccoci qua a trattare il problema cruciale delle diagnosi psichiatriche, radici di una pianta ,già da troppo tempo, secche ma sempre quotidianamente dannose a una terra, poco ricca di humus per poterle respingerle.
Il sintomo, soprattutto quando trasmette, (o interpretato) sofferenza, paura, ansia, terrore, viene cancellato totalmente. Un reale dialogo, un (temuto) contatto, una comunicazione diretta, rispettosa, un’empatia, possono indicare nuovi cammini di conoscenza, di creatività, di energie, di forze vitali, di esperienze, che se non isolate, abbandonate, controllate, represse dalla prassi psichiatrica possono divenire un tesoro collettivo.
“Non ero amato dagli abitanti del villaggio, tutto perché dicevo il mio pensiero e affrontavo quelli che mancavano verso di me con chiara protesta, non nascondendo né nutrendo segreti, affanni, rancori. E’ assai lodato l’atto del ragazzo spartano che si nasconde il lupo sotto il mantello, lasciandosi divorare senza lamentarsi. E più coraggioso, io penso, strapparsi il lupo dal corpo e lottare con lui all’aperto, magari per strada tra polvere e ululi di dolore. La lingua è magari un membro indisciplinato, ma il silenzio avvelena l’anima. Mi biasimi chi vuole, io sono contento“ - E.L.Masters.
Libero spazio ad ogni legittima modalità di sopravvivenza psicosociale. Altro che psicofarmaci, parola e spazio agli sciamani di ogni era e luogo, ai devianti, alla parte selvaggia dell’uomo, alla dialettica tra spirito e corpo che costituisce il nostro essere, prima,ora e per sempre. Nessun dialogo con la dittatura percettiva! Grazie al sacro e intramontabile“principio d’autorità“, si è concesso, (ieri come oggi) credito a individui toccati da esperienze di apparizioni, dialoghi con figure religiose, ma mai è avvenuto per le streghe, gli eretici, ai disadattati, ai disertori, agli psicotici...alle spine nel fianco.
Quotidianamente mi domando , seppur considerando l’aurora di scientificità che ponete sulle vostre cure, terapie, come potete passare notti tranquille. Che qualche Voce vi bussi alla porta della vostra coscienza...e vi disturbi ogni pace!
Personalmente mi sono imbattuto in autorità pseudoscientifiche che hanno solo parlato delle diagnosi psichiatriche, solo come definizioni,necessarie per una linea guida comune. Una cosa è una definizione, ben altra è una diagnosi !.Chiedetelo direttamente alle persone che hanno subito tali definizioni, torturati a vita da semplici definizioni !
“La tua sofferenza, la tua singolarità, sappiamo di loro abbastanza cose, che tu neanche immagini, per capire che si tratta di una malattia, ma questa malattia la conosciamo abbastanza per sapere che tu non puoi esercitare su di essa e nei suoi riguardi alcun diritto. La tua pazzia, la nostra scienza ci permette di chiamarla malattia, e perciò noi medici siamo qualificati per intervenire e diagnosticare in te una pazzia che ti impedisce di essere un malato come altri, ovunque tu sarai un malato mentale” - dialogo inventato tra uno psichiatra e il “suo paziente”. M. Foucault.
Screditiamo con forza i lavori fittizi, non professionali, arbitrari di chi ancora oggi, a loro dire, ”definisce”. Un “malato mentale” è stato posto in seconda categoria, in serie b , in una posizione da cui è una sofferenza riuscire a salire ai piani alti dei normaloidi. Sofferenza per avvicinarsi, per essere avvicinato, ascoltato, creduto dalla ragione, dal buon senso. Sofferenza per conseguire un lavoro senza l’”aiuto” dei “servizi territoriali psichiatrici”. Sofferenza nel fare “salti mortali ” per avere un tetto sopra la testa (per molti psichiatri, disturbata da “squilibrio chimico” sempre annunciato, ma mai riscontrato realmente...). Sofferenza a non poter gestire il proprio denaro. Sofferenza per non potersi autodeterminare. Sofferenza per non poter progettare il proprio futuro. Sofferenza per essere giudicato irresponsabile, illogico, invalido, interdetto. Sofferenza a vivere nel totale isolamento, solitudine. Tutto questo in attesa che il soggetto si immedesimi, si pieghi, al ruolo di malato, che accetti la propria diagnosi e le terapie prescritte. Suicidio? E’ a dir poco comprensibile, sensato, l’isolamento è giunto al suo culmine, comunicazione, ribellione, abbattimento.
La persona che si trova nel “circuito vizioso psichiatrico”, ormai divenuta...”caso clinico”, è accompagnata lentamente e silenziosamente, mano nella mano, passo per passo, fino a raggiungere il precipizio. E lì, posto su un bel luccicante filo di rasoio, si preoccupano, più professionalmente che umanamente, se la reale comunità lo riabbraccerà. Come un carcerato che esce dal carcere, rimarrà a vita “un ex“, questo vale anche per il portatore di “sintomi di disturbi mentali”.
Definire? Segnare, per anni , a vita, le persone chiamate dalla società (il mandante di queste violenze) “matte da legare”. Riappropriamoci del sintomo! Riappropriamoci di noi stessi!
Diamo spazio a chi di dovere: ”Continuare ad accettare la psichiatria e la definizione della malattia mentale significa accettare che il mondo disumano in cui viviamo sia l’unico mondo naturale, immodificabile, contro al quale gli uomini sono disarmati. Se è così continuiamo a sedare i sintomi, fare diagnosi, prestare cure e trattamenti, inventare nuove tecniche terapeutiche ma consapevoli che il problema è altrove.”-Franco Basaglia.
Medici, operatori psichiatrici, familiari, vicini disturbati dalle urla, ex compagni di scuola, infermieri, cosiddette“forze dell’ordine”, tutti pronti a bloccare, legare, iniettare...e un altro sacro t.s.o (Trattamento Sanitario Obbligatorio) è stato eseguito con gran professionalità, sempre tutto per il bene del paziente...
Il mito delle “patologie psichiatriche” miete vittime, altro che tutela sanitaria...Vittime di concettualizzazioni psichiatriche, di artefatti culturali, di sindromi alimentate da specialisti, di imitazioni o semplicemente di postulati tipici di una cultura che non permette nessuna riflessione ai genitori, insegnanti, politici, datori di lavoro, ”piani alti” sia nel pubblico che nel privato (dove le cooperative sociali sono sempre più vere aziende...) ai muratori, agli studenti, a ingegneri...
Per i sostenitori della psichiatria biologica, la“pazzia” ha cause organiche, dimenticandosi volutamente che per verbalizzare l’esistenza della malattia mentale si deve dimostrare pubblicamente la presenza dell’anatomia patologica , dei segni patologici.(e non sintomi), tramite strumenti medici che ottengono risultati oggettivi e ripetibili... Fino a oggi non c’è nessuna variazione, né anatomica né funzionale, tra il cervello di un soggetto definito sano e uno diagnosticato malato, patologico.
Mi hanno sempre detto che per capire il presente è necessario fare un salto nel passato, nella storia. Ma per non essere troppo disturbati nel sonno, in psichiatria lo si evita....
Durante l’800, la tubercolosi, il tifo, il cancro, le fratture, le lesioni erano poste nella classe di patologia-malattia, per il solo elemento comune della presenza di una alterazione fisiochimica nel corpo. Successivamente i criteri di classificazione si sono notevolmente modificati, dall’alterazione fisiochimica si è giunti a considerare due elementi:invalidità e sofferenza della persona interessata (isteria,depressione). Ad oggi il significato patologico di malattia prende sempre più spazio. Divennero malattie le compulsioni, le ossessioni, la psicopatia, l’omosessualità, la schizofrenia (emblema delle patologie psichiatriche) e tantissimi altri comportamenti umani.. Fondamentale ribadire, che se un giorno troveranno alterazioni celebrali (come nel caso dei ritardi mentali) la psichiatria deve farsi da parte e dare spazio alla neurologia.
Con ciò,si spiega perchè il D.S.M.(manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali,ma anche nell’I.C.D classificazione internazionale delle malattie- “le patologie psichiatriche” aumentano) è passato dal classificare in infiniti sottocategorie 112 malattie (1952.D.S.M.I) a ben 374 disturbi mentali (1994 D.S.M.IV) con descrizione dei suoi sintomi, tutto pronto per facili diagnosi. Io personalmente nelle patologie indicate nel D.S.M IV ,ancora in vigore, mi ritrovo almeno una decina di volte ma sono in buona compagnia...Mi ripeto:”Psicopatologia” di “delirio classificatorio” per i guru della psichiatria e psicologia. Trattiamoli con le stesse cure che applicano all’utente del loro servizio, poi ci sapranno dire...se il loro pensiero non sarà troppo instabile e disturbato...
Un accenno ai sempre più di moda “screening”, “scale di valutazione”, presentati con molteplici termini, che hanno solo saputo creare di “sana pianta” nuovi e precisi disturbi fra cui: “dell’attenzione e iperattività-A.D.H.D”, delle abilità aritmetiche, ”del calcolo“, ”ossessivo provocatorio”, ”antisociale”, ”del comportamento”, ”dell’attaccamento dell’infanzia o della prima fanciullezza”, ”d’identità”, ”autismo“, ”da comportamento dirompente non altrimenti specificato”, e la lista continua senza fine... (poniamo un velo pietoso sulle patologie psichiatriche che “colpiscono” individui in età adulta.) Borderline? A loro è permesso di oltrepassare ogni limite...a loro si.
Non ci stupiamo di questi dati: utenti versante psichiatrico 20-25% della popolazione, 40% delle famiglie, 10% degli alunni delle scuole materne, elementari e medie. Ancora una volta per il bene della persona, il profitto continua senza sosta...
73 miliardi di dollari solo per il commercio mondiale dei psicofarmaci, senza considerare i programmi di intervento psicoterapeutico.
Che queste pagine incomplete siano un “imput“, una scintilla, perché si continui a contro-informarsi a riflettere e agire. Alle proposte non psichiatriche, precedentemente trattate, porrei: rafforzare sostanzialmente la ricerca e l’uso a larga scala di prodotti naturali (omeopatici,fitofarmaci...) che fin ad ora, per ovvie ragioni di mercato e per interessi “professionali”, sono stati in ogni maniera screditati, a guadagno dei sempre più usati psicofarmaci.
Che ne dite di rinvangare esperienze, non psichiatriche, messe in atto sia all’interno che all’esterno dell’istituzione psichiatrica, strategicamente e meticolosamente sepolte?!
Le“Case Soteria”gestite da Mosher (‘71-83), ”Kingsley Hall”di R.D.Laing, Giorgio Antonucci,(con il suo lavoro fuori dalle istituzioni, e i risultati ottenuti presso il Centro di Igiene Mentale (C.I.M) di Reggio Emilia(‘70-’72), Istituto di Osservanza e Il Reparto Autogestito, da lui creato e condotto all’interno dell’istituto Lolli di Imola, dove contribuisce a smantellare alcuni reparti di lungodegenza ) e le ancora ben attuali esperienze: ”Casa rifugio” o “del fuggitivo”, di Berlino, ”Casa di Hilde” di Messina, dove è impegnato G.Bucalo, il “Telefono Viola” presente in differenti città italiane, associazioni, collettivi antipsichiatrici. Tutte queste sono le sfide più conosciute, che dagli anni ‘70, hanno ottenuto risultati a dir poco compromettenti...
Che si agisca quotidianamente contro questa pseudoscienza psichiatrica, che allarga i suoi tentacoli, non solo in casi di alterazioni organiche, neurologiche oggettivamente riscontrabili (mi ripeto fieramente: legittimo spazio della neurologia) ma in ogni dove, sorvolando minacciosamente la sfera spirituale, umana, sociale, del disagio e della sofferenza, dove nessuna psichiatria dovrebbe nemmeno avvicinarsi...
Sempre pronto a sradicare la pianta psichiatrica e porre, ora, più che prima, forza e tenacia per percorrere cammini infiniti antipsichiatrici...
Un grosso abbraccio a: T.S.Szasz,Mosher, L.D.Laing, D.Cooper, M.Foucault, A.Artaud, al grande Giorgio Antonucci, G.Bucalo, P.Lehmann, P.Breggin, F.Basaglia, purtroppo defunto prima che potesse notare che la logica e la realtà dell’esclusione e dell’internamento psichiatrico sono tuttora in vigore, anche grazie ai cosiddetti “trattamenti sanitari obbligatori( T.S.O ) introdotti dalla legge 180... A seguire, riporto uno scritto in netta risposta a chi ha interesse di mettere “fuori gioco”...
l’antipsichiatria, definendola pura ideologia. In realtà un pensiero seguito dall’azione, nettamente contrastante con la normalizzazione psichiatrica !.
“La psichiatria è una sorta di confine, una linea invisibile oltre al quale si perde ogni diritto e possibilità di esistenza, il punto di passaggio dal reale all’impossibile. L’antipsichiatria è la ricerca dei modi per passare il confine, perché si possa tornare con il tesoro, il terrore, la meraviglia o la paura che si può trovare al di là di una linea che si deve cancellare. Non più mente sana e mente malata, ma una nuova mente capace di funzionare di qua e di là da questo confine”. Giuseppe Bucalo.
Ora spazio a Franco Basaglia: ”Io non so che cosa sia la follia. Può essere tutto o niente. E’ una condizione umana.... In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia. Invece questa società riconosce la follia come parte della ragione, e la riduce alla ragione nel momento in cui esiste una scienza che si incarica di eliminarla. Il manicomio ha la sua ragione d’essere, perché fa diventare razionale l’irrazionale. Quando qualcuno è folle ed entra in manicomio, smette di essere folle per trasformarsi in malato. Diventa razionale in quanto malato. Il problema è come scogliere questo nodo, superare la follia istituzionale e riconoscere la follia là dove essa ha origine, come dire, nella vita”.
Vi lascio con una parte dello scritto: ”Lettera ai direttori dei manicomi” di Antonin Artaud.
“Noi affermiamo che gran numero dei vostri ricoverati, perfettamente folli secondo la definizione ufficiale, sono anch’essi internati arbitrariamente. Non ammettiamo che si interferisca con il libero sviluppo di un delirio, altrettanto legittimo, altrettanto logico che qualsiasi altra successione di idee o di azioni umane. La repressione delle reazioni antisociali è per principio tanto chimerica quanto inaccettabile. Tutti gli atti individuali sono antisociali. I pazzi sono le vittime individuali, per eccellenza, della dittatura sociale, in nome di questa individualità, che è proprio dell’uomo, noi reclamiamo la liberazione di questi prigionieri forzati della sensibilità, perché è pur vero che non è nel potere delle leggi di rinchiudere tutti gli uomini che pensano e agiscono. Senza stare ad insistere sul carattere di perfetta genialità delle manifestazione di certi pazzi, nella misura in cui siamo in grado di apprezzarle, affermiamo la assoluta legittimità della loro concezione della realtà e di tutte le azioni che da esse derivano. Possiate ricordarvene domattina, all’ora in cui visitate, quando tenterete, senza conoscere il lessico, di discorrere con questi uomini sui quali, dovete riconoscerlo, non avete altro vantaggio che quello della forza”.
La logica del manicomio, è rimasta tale...
Speranzoso che la riflessione sia seguita da una “messa in gioco”, del proprio stipendio, professione, mandato sociale... ruolo...vita.
L’utopia il netto contrario della rassegnazione! Buon viaggio, anche se penso e noto realmente, che la psichiatria è un viaggio senza ritorno...DEVIANZA AL “POTERE”!
a tutti i Sopravvissuti, agli Utenti psichiatrici
in particolar modo a coloro che erano e sono
al mio fianco...grazie...la lotta continua.....
http://www.antipsichiatria.blogspot.com/
-aprile 2007- -membro del Collettivo Antipsichiatrico-Bergamo
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