lunedì 7 dicembre 2009

LA DEMOCRAZIA UCCIDE

Il 22 ottobre 2009 muore all’ospedale Pertini di Roma il trentunenne Stefano Cucchi dopo alcuni giorni di detenzione nel carcere di Regina Coeli.
Le più alte cariche dello stato, come era lecito aspettarsi, hanno immediatamente preso le difese dei propri sottoposti. Il ministro “delle bugie” Alfano parla addirittura di “caduta accidentale dalle scale”, mentre il ministro Giovanardi diagnostica una morte provocata da anoressia, droga e crisi epilettiche.
In questa sede, lungi dal sostenere la teoria delle “mele marce” o quella della democrazia imperfetta, mi sembra quanto mai opportuno recuperare le storie di queste persone e gli episodi che li hanno portati di fronte alla morte per mano delle istituzioni democratiche, dal momento che il problema centrale resta lo stato, sia esso totalitario o democratico.
Perché la democrazia uccide. Fuori dai propri confini attraverso il militarismo, la cui violenza “umanitaria” si esercita nei confronti del nemico integralista, e all’interno dei propri confini attraverso la carcerazione, la psichiatrizzazione e la medicalizzazione, che ha lo scopo di prendere in carico la vita di persone che mettono in crisi l’ordine dello status quo.
Prima di arrivare a ciò, credo sia importante ripartire da una riflessione illuminante che Michel Foucault fece su carceri, psichiatria, medicina e discorsi scientifici. Il filosofo francese parla a tal proposito di “microfisica del potere”. Secondo i suoi studi lo stato, nella sua accezione moderna, non si regge solo ed esclusivamente su istituzioni repressive, in virtù delle quali si rifrangerebbe sul corpo sociale l’esercizio della forza tramite la polizia; ma anche e soprattutto grazie a quelle istituzioni “neutre”, le quali grazie alla “benedizione” della comunità scientifica contribuiscono a definire e costruire culturalmente una moltitudine di esclusi divisi per categorie, sulle quali lo stato scatena tutta la propria violenza in tutte le sue diverse e complesse forme. Da qui il mito del criminale, del malato mentale ecc…
Il caso di Stefano purtroppo non è un caso isolato. Cosa dicono oggi i nomi di Marco Ciuffredda, Giuseppe Ales, Alberto Mercuriali, Roberto Pregnolato, Stefano Frapporti, Aldo Branzino? Sono persone morte in carcere in circostanze non chiare o suicidatesi per reazione all’arresto legato alla detenzione di pochi grammi di stupefacenti. Oppure la vicenda di Federico Aldrovandi, diciottenne ucciso da 4 poliziotti a Ferrara dopo una serata trascorsa con gli amici a Bologna e infine Marcellino Lonzi e i tanti immigrati clandestini per i quali, fuori da ogni tutela dello stato di diritto, diventa più facile insabbiare il loro omicidio. Uno fra tanti la vicenda della morte di Emmanuel Ajoku Benedict il 23 ottobre 2009 nel padovano, durante la quale perse la vita nel corso di una ignota perquisizione da parte di due agenti di pubblica sicurezza. La versione data della polizia non concorderebbe con quella riportata da alcuni parenti e amici, i quali hanno chiesto alle autorità competenti di occuparsene direttamente.
Accanto a queste morti violente ve ne sono altre ugualmente violente, ma a danno di persone a cui lo stato dovrebbe prestare delle cure mediche. Ma questo è solo un alibi, dal momento che il giudizio psichiatrico sui comportamenti è puramente di natura morale e le tecniche utilizzate di natura violenta e liberticida.
Il 22 giugno 2006, esattamente una settimana dopo l’ospedalizzazione, muore nell’SPDC (servizio psichiatrico di diagnosi e cura) dell’ospedale di Cagliari Giuseppe Casu, sessantenne reo di aver commercializzato la propria verdura senza licenza presso il mercato del suo paese. Per 7 giorni Giuseppe viene legato al letto di contenzione e gli viene applicato un TSO, finché gli infermieri non rilevano la sua morte a causa di tromboembolia dell’arteria polmonare. Il 4 agosto 2009 nel reparto psichiatrico dell’ospedale S. Luca di Vallo della Lucania viene assassinato il compagno Francesco Mastrogiovanni, perché come qualcuno ha già scritto “se non c’è la finestra di una questura a disposizione, per uccidere un uomo libero, va bene anche il letto di contenzione di un ospedale psichiatrico”.
Come collettivo antipsichiatrico nonché come osservatorio contro gli usi e gli abusi della psichiatria da anni raccogliamo testimonianze di persone la cui vita, per i più svariati motivi, è saldamente controllata dal potere psichiatrico. Per tutti coloro che si sono avvicinati a noi è chiara la consapevolezza che appena si fa viva la psichiatria nella vita di una persona la propria storia diventa autobiografia clinica e la propria intenzionalità malattia. Nella nostra società la razionalità è sinonimo di produttività, tale termine è fondato sulla scissione tra ragione e follia, dove quest’ultima appare come priva di efficienza produttiva. Da qui l’esigenza non di punire ma di correggere quei comportamenti non funzionali ad un sistema produttivo che necessita di schiavi disciplinati o suscettibili ad autodisciplinarsi. Il primo passo è la burocratizzazione delle vite di questi sfortunati individui, gli effetti sono la privazione della loro libertà e ovviamente la loro deresponsabilizzazione. La psichiatria è il governo di un umanità eccedente che per una ragione o per l’altra è esclusa o si autoesclude dal processo produttivo. L’esigenza di internare gli individui nei vari servizi territoriali unitamente alla loro amministrazione attraverso gli psicofarmaci che rendono docile la loro mente e il loro corpo muove direttamente da un’economia interna ad ogni istituzione che impone di non essere incrinata. Tutto questo non ha niente a che vedere con un’azione di cura.
Per chi finisce nelle maglie della psichiatria la pena non ha mai fine e lo stigma rimane marchiato a fuoco per tutta la vita. Le vie d’entrata possono essere differenti: isolamento, situazione di particolare vulnerabilità, oppure l’intervento può essere sollecitato dal proprio circuito di relazioni, dalla famiglia o da un’altra istituzione. L’epilogo è tristemente noto: servizi territoriali, comunità terapeutiche, strutture intermedie residenziali ecc…in vista di quella situazione che gli psichiatri definiscono di cronicizzazione della malattia.
La psichiatria si presenta puntualmente nella vita di individui, o che partono da una situazione di svantaggio tale da giungere alla totale dipendenza dalle istituzioni medico-assistenziali (peraltro senza la consapevolezza di avere dei diritti). Oppure persone che si pongono semplicemente in conflitto con la morale stabilita, amministrandoli e, in alcuni casi, giungendo persino ad eliminarli. E il tutto fatto molto democraticamente.
In questa cornice securitaria, la morte di Mastrogiovanni non può essere certo casuale.

lunedì 28 luglio 2008

UN MESSAGGIO DI SPERANZA AI SOPRAVISSUTI DELLA PSICHIATRIA

Se potete pubblicare sul sito antipsichiatrico il mio messaggio alle persone che ancora sono dentro a questo orribile tunnel...
un metodo per sfuggire c' è...
sembra ridicolo ma io racconto la mia storia personale.

Mi sono dovuta nascondere per anni, scappando da una città all' altra, pur di non essere braccata dalle siringhe e dalle pillole misteriose dei medici

mi sono inprovvisata un giorno barista, un mese impiegata, un altro anno commessa..
ho chiuso i contatti anche con i miei famigliari,perchè i parenti purtroppo sono la prima scorciatoia che i medici usano per farti rientrare dentro il circolo vizioso, giocando sull' ignoranza e sul posto appunto che conservano di lavoro, basta una semplice telefonata a casa tua da uno di questi mercenari, anche mentre tu sei a comperarti in quel momento un cd o fare la spesa, che ti ritrovi negli abissi degli psicofarmaci.

rischiare è l' unica cosa, ma è un rischio che ne vale la pena...se si smettono i farmaci di colpo, non abbiate timore...
non c' è tortura peggiore che una convulsione da farmaco ogni 10 giorni e bava alla bocca.
piuttosto che alzarsi alla notte e sognare ancora questi vampiri che ti tengono con la forza per infilarti aghi nelle braccia...

non è importante se nessuno sa dove siete, no lo sapevano comunque nemmeno prima...

qua fuori non siamo soli, in verità ci sono tanti di quei sopravvisuti che girano che nemmeno lo possiamo immaginare, ma questo non importa, la cosa che importa è che più lottiamo per combattere la psichiatria più lei
vince...

il buio l' abbiamo già visto per tanti anni, non resta che ritrovare la luce...

qualunque cosa vi inventate, andrà sicuramente bene, perchè lontano dagli psichiatri tutto torna profumare di muschio bianco.

Abbiamo ricevuto e volentieri abbiamo pubblicato anche sul nostro sito questo messaggio di una persona che è riuscita a uscire dalla morsa della psichiatria...
Abbiamo deciso di rendere pubblica questa lettera con l' intento di mettere in luce i veri meccanismi con cui, in pratica, opera la psichiatria e nella speranza che sempre più persone trovino il coraggio di denunciare gli abusi subiti.

giovedì 29 maggio 2008

LE NUOVE CATENE DELLA PSICHIATRIA A 30 anni dalla riforma psichiatrica

VENERDI' 13 GIUGNO 2008 Polo Didattico Carmigiani- Piazza dei Cavalieri - PISA

mostra fotografica ex-manicomio di Volterra
allestimento materiale informativo sulla 180

ore 18
una critica antipsichiatrica alla legge 180
interverrà il collettivo antipsichiatrico A.Artaud-Pisa

la legge 180 e l' esperienza del telefono violetta
interverrà il collettivo antipsichiatrico Violetta Van Gogh

prima e dopo il 1978 30 anni di legge 180
interverrà G.Antonucci

a seguire dibattito

ore 21 aperitivo e cena/buffet

ore 21:30

i dispositivi e i meccanismi manicomiali nelle istituzioni psichiatriche
interverrà N.Valentino

la psichiatria nelle carceri e la situazione degli O.P.G
interverrà S.Verde

a seguire dibattito

collettivo antipsichiatrico A.Artaud-Pisa
collettivo antipsichiatrico Violetta Van Gogh

per info: 335 7002669
www.artudpisa.blogspot.com
www.artaudpisa.noblogs.org
www.violetta.noblogs.org

lunedì 26 maggio 2008

I MANICOMI PIU' GRANDI D' EUROPA...QUELLI DEL VATICANO

Filosofia apostolica della Congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza: "Il fine apostolico è la cura, l' assistenza, la riabilitazione, la risocializzazione, la difesa e la sorveglianza delle persone nelle quali, per una polivalente patologia, è presente una compromissione delle facoltà intellettive superiori, secondo il mandato del fondatore e l' insegnamento di Gesù, che in ogni sorta di bisogni, comandò di vedere la sua Persona"

Il 10 agosto 1922 il sacerdote Pasquale Uva (1883-1955) fonda la Congregazione Religiosa della Divina Provvidenza, riconosciuta dallo stato italiano come persona giuridica, con decreto presidenziale 231 del 11-10-1946 e con il decreto 184 del 1946.
Nello stesso anno, grazie a una cospicua somma di denaro concessa l' anno prima dal papa Benedetto xv, nasce la Casa della Divina Provvidenza e con l' aiuto delle catechiste da lui formate, adibisce tre stanze dell' edificio sito al fianco della sagrestia della chiesa di S.Agostino (di Bisceglie), al ricovero di "epilettici, storpi" (Don Uva li definiva con tali termini).
Nel 1933 la Casa si trasforma ufficialmente in Ospedale Psichiatrico di Bisceglie e inizia a ricevere i così detti, a loro dire, "infermi di mente".

Son ben 350 i letti presenti nella struttura nell' anno '35 e dopo solo cinque anni si sommarono altri due padiglioni, costituendo una vera e propria "città nelle città".

L' esperienza condotta dal sacerdote, viene ripresa a Foggia nel '45, Potenza nel '55,Guidonia nell '55, Palestina, Paranà e Buenos Aires (Argentina) tra '86-'90 e Vina del Mar in Cile nel 2002.
Attualmente le strutture psichiatriche "Don Uva" ad eccezzione di Guidonia, sono "ben" funzionanti...

Dietro le mura della "Residenza Don Uva", sono presenti unità alzheimer, centri di riabilitazione per problemi cardiologici, respiratori, neurologici, ortofrenici, residenze sanitarie assistite (R.S.A) per anziani, per disabili, e dal 24-2-2007 a Bisceglie è attivo un centro per malati terminali di cancro.

L' ospedale nella città di Bisceglie occupa una superficie di 190 mq con volume complessivo dei fabbricati di mc 553.000 per circa 1500 posti letto.
Cifre maggiori per l' ospedale di Potenza con 93300 mq con volume comlessivo di mc 229.100 per 514 posti letto.
Nel caso di Foggia viene registrata la presenza di ben 740 posti letto in edifici che occupano 214.000 mq, con volume complessivo di fabbricati di mc 225.000.

Questi dati documentati dimostrano le dimensioni dei più grandi manicomi d' Europa, dove quotidianamente , con gran professionalità psichiatrica, si violentano psicologicamente e fisicamente circa duemila, secondo la loro dottrina psichiatrica..."malati mentali".
Non si tratta di tre ospedali psichiatrici giudiziari-manicomi criminali (O.P.G), come molti pensano tutt' ora, ma niente meno che le confortevoli e accoglienti, ma soprattutto terapeutiche, Residenze Don Uva di Bisceglie, Foggia e Potenza.

Le "cure" perpetuate a chi ha osato disturbare la tranquillità sociale di qualche moralista, vicino di casa, collega di lavoro, passante, famigliare, figura istituzionale, sono sempre più operative grazie alla degradante indifferenza e irresponsabilità sociale e al scenografico riformismo psichiatrico, solo preoccupato ad abbellire vecchi e nuovi manicomi, sostituendo scoccanti inferiate con vetri antisfondamento ben trasparenti, camicie di forza con depersonalizzanti psicofarmaci e colloqui psico-terapeutici troppo spesso manipolatori, forvianti e ben funzionali al cambiamento della personalità del soggetto, considerato a priori in stato sofferente, solo pronto ad essere normalizzato e reinserito all' interno del "suo" ruolo socio- funzionale, sempre più spesso dettato da chi lo circonda e non dall' individuo stesso.

Le vittime della normalizzazione-omologazione psichiatrica/sociale sono seguite, se non perseguite, direttamente dall' ente gestore di questo sacrosanto e benevole servizio psichiatrico ovverosia dallo stato della Chiesa. Sappiamo bene che per salvare le "anime perdute" il Vaticano è disposto a tutto pur di continuare la sua missione caritatevole, ancor più quando è affiancato dallo stato che interviene attivamente nella guerra contro i devianti sociali che potrebbero mettere in discussione con i loro comportamenti, ma anche solo con i propri pensieri, l' ordine sociale costituito.
Lo stato finanzia con i soldi dei ben informati contribuenti...le strutture "Don Uva".La Regione Basilicata e la Regione Puglia finanziano quotidianamente per ogni paziente che si trova a scontare una perpetua condanna dettata da disabilitanti e depersonalizzanti diagnosi psichiatriche pseudo scientifiche, ben 105 euro!.

Cosa ci stupiamo, sapendo che casualmente a gestire le indennità pensionistiche dei "pazienti" (ammontano solo a 15 milioni di euro!) sono una stretta di dirigenti dei tre manicomi "Don Uva" ? E che dire della ventina di società finanziarie immobiliari che guadagnano grazie all' are Don Uva ? (in primis: Financial Trust e Abacus srl).
Evidenziando il gran business, asse portante delle strutture, si prende atto dell' importanza che si dedica alla "qualità" dell' intervento pseudo curativo psichiatrico.

La violenza psicologica non è mai problematica difficile da occultare, ma presentare all' opinione pubblica cibo avariato, carenze igieniche, maltrattamenti fisici e non leggete male...10 MORTI, è altro caso, molto più arduo per essere trasformato in atto terapeutico o ridimensionato in "caso isolato"

Parola ai a fatti: Maria partorisce spontaneamente legata al letto di contenzione. Augusto Bonucci, agosto 2006, dopo undici giorni di "assidue ricerche", viene trovato nella vasca da bagno deceduto per emorragia cerebrale (inchiesta attualmente in corso che coinvolge 38 persone).

Nel 2007 sono stati assolti dalla Corte d' Assisi di Trapani, quattro infermieri accusati della morte per soffocamento di Franceso Amenduni. Accusato e condannato un medico per falso ideologico e favoreggiamento. 26 maggio 2006 muore Renato Sciortino (rinchiuso dal 1963, come tanti altri...) ritrovato sulla spiaggia, alle spalle del manicomio (inchiesta ancora aperta).
Nel 2005 muore per soffocamento causato da un panino un sessantanovenne. Altri due episodi di violenze (noti...) vanno aggiunti alla macraba lista: nel novembre 2004 un giovane recluso viene imbavagliato e legato al letto a dorso nudo a un termosifone acceso. La caposala Pasqua Sette ha già patteggiato la pena a sei mesi di reclusione. Il 28 febbraio 2007 si è aperto il processo per tre suoi colleghi, ancora oggi in servizio e infine, ma purtroppo probabilmente solo per ora, il 13 dicembre 2007 un sessantasettenne muore per soffocamento. La Corte di Trani sta indagando. Accuse di negligenza sono rivolte al personale sanitario (senza nessuna giustificazione, ma personale che viene spesso diminuito dalla logica economica di gestione delle strutture). L' inchiesta di Trani è fra le sette attualmente aperte, dove viena accusato personale appartenente ad ogni livello: dall' infermiere ai direttori sanitari (Antonio Raggio).

Ma non ci hanno sempre gridato a gran voce che i manicomi, con la legge 180 del'78 sono stati chiusi ?. Secondo i risultati "Progress" dell' Istituto Superiore della Sanità, sono misteriosamente scomparsi 50 mila "pazienti psichiatrici", dismessi dai vecchi manicomi. Certamente bussare alla porta dei 14 mila micro manicomi (case famiglia, comunità residenziali, O.P.G, centri per disabili, alloggi protetti, strutture psichiatriche di diagnosi e cura-S.P.D.C...) spesso nati all' interno dei vecchi manicomi, porta indubbiamente ottimi risultati...

"La libertà è terapeutica!" slogan del movimento psichiatrico riformista degli anni '70 che si prefiggeva la deistituzionalizzazione della psichiatria italiana.
Ancora oggi l' ala della psichiatria, che si proclama sociale, alternativa, ancora una volta democratica, si ricorda sporadicamente della mancata, ma in effetti mai voluta, decoercizzazione psichiatrica.

Sosteniamo senza dogmi e interessi di nessun tipo, che sostituire l' incarcerazione nei vecchi manicomi con una democratica incarcerazione, sempre per il bene del paziente, all' interno dei neomanicomi (primi fra tutti si evidenziano l' S.P.D.C e i reparti ospedalieri di neuropsichiatria infantile, dove troppo spesso vengono contenuti fisicamente minorenni, ovviamente senza considerare O.P.G e i Don Uva) sia vergognosa e a dir poco raccapricciante.

La persuasione che spesso si manifesta in una seduta psicoterapeutica (l' approccio discorsivo può essere più manipolatorio e dannoso di un psicofarmaco-droga), l' accertamento sanitario obbligatorio (A.S.O), il trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O), i così detti "progetti socio-riabilitativi" attuati all' interno e all' esterno di strutture psichiatriche ambulatoriali, diurne o residenziali, la forma giuridica-psichiatrica dell' "interdizione per incapacità di intendere e volere", li riteniamo nocive alla dignità e alla autodeterminazione dell' essere che in qualsiasi condizione esistenziale si trovi, ha il diritto di poter essere ascoltato e se vuole, di incontrare canali comunicativi con la sociètà con la quale l' individuo spesso si scontra con una tolleranza repressiva. Non neghiamo che spesso la sofferenza esista, ma a priori non possiamo definirla tale e porsi all' interlocutore (il primo dovrebbe essere il nostro io) senza porci, in maniera approfondita e non perbenista, interrogativi sulle motivazioni sociali (e non mediche) che hanno scaturito il disagio esistenziale e non la fantomatica, sterile e inesistente "malattia mentale", solo funzionale a occultare i fenomeni individuali e sociali. Il "malato mentale", da quando la psichiatria ha inventato tale "definizione" nella quale qualsiasi umano può rientrare nei parametri indefiniti utilizzati dagli psichiatri per essere rinchiusi e violentati da tale diagnosi psichiatrica, è la spina nel fianco di cui il corpo sociale, vuole sbarazzarsene per mezzo della "cura, assistenza, riabilitazione, risocializzazione, difesa e sorveglianza", metodologie di controllo funzionali a emarginare e screditare già dai tempi della nascita della Congregazione della Divina Provvidenza. Purtroppo tali strategie vengono messe in atto non solo in ambito psichiatrico, ma dovunque ALTRE VOCI possono impaurire e destabilizzare il potere.

Il vero mandante di tutto questo ? Non ci stancheremo mai di dirlo: la società !.

lunedì 10 marzo 2008

ELETTROSHOCK ? E' UNA TORTURA !

E' in questi giorni (febbraio 08) partita una petizione dal Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicopatologia, appoggiata dall' AITEC(Associazione Italiana Terapia Elettroconvulsionante), rivolta al ministro della Salute Livia Turco per aumentare i centri clinici autorizzati a praticare la terapia elettroconvulsionante o elettroshock, che in Italia sono oggi nove, sei pubblici( Brescia,Oristano,Cagliari,Brunico,Bressanone,Pisa) e tre privati( Verona,Bologna,Roma ),per arrivare ad almeno un servizio per ogni milione di abitante in tutte le regioni.Più in generale l' obiettivo è quello di ridestare il consenso popolare su una pratica dannosa e brutale da considerarsi una tortura, come le testimonianze di chi ha subito l' elettroshock documentano tristemente.

Le modifiche nel trattamento( anestesia totale e farmaci miorilassanti che impediscono le contrazioni muscolari, in precedenza diffuse a tutto il corpo con la conseguente rottura di denti e ossa )riescono solo a camuffare gli effetti esteriori ma non ne cambiano la sostanza: una scarica di corrente elettrica costante di 0,9 ampere( la cui tensione varia fino ad un massimo di 450 volt, collocandosi solitamente sui 220 volt) sui lobi frontali o sull' emisfero cerebrale non dominante-TEC monolaterale- che provoca un' intensa crisi convulsiva durante la quale il cervello aumenta il suo metabolismo, il flusso e la pressione sanguigna.Ciò provoca danneggiamenti alla barriera emato-encefalica e all' equilibrio biochimico del cervello.A seguito del trattamento si riscontrano molti e gravissimi effetti collaterali, quali rottura di vasi sanguigni cerebrali, regressione della capacità discorsiva, gravi e ampie perdite di memoria, persistenti emicranie, problemi cardio-circolatori e riduzione della massa cerebrale.

La validità scientifica del metodo ancora oggi non convince, o meglio non esiste: i meccanismi di azione della TEC non sono noti;l' unico dato certo, scoperto da Cerletti nel 1938, è che scariche elettriche adeguate producano un coma epilettico reversibile( quando il soggetto sopravvive o viene rianimato con successo) .Per la psichiatria: "l' ipotesi originale di Cerletti, che l' effetto terapeutico di questa metodica fosse legato alla convulsione cerebrale generalizzata è, fino ad oggi, l' unico dato documentato da numerose ricerche cliniche e pressochè universalmente accettato," mentre" rimane irrisolto il problema di come la convulsione cerebrale provochi le modificazioni psichiche" e "non è chiaro quali e in che modo queste modificazioni( dei neurotrasmettitori e dei meccanismi recettoriali) siano correlate all' effetto terapeutico" (G.B. Cassano, Mnuale di Pùsichiatria).

Ma per chi subisce tale trattamento i danni cerebrali son ben evidenti e possono essere rilevati attraverso autopsie e variazioni elettroencefalografiche anche dopo dieci o venti anni dallo shock.

La terapia elettroconvulsivante viene portata avanti da psichiatri di impronta organicistica che, con i loro metodi autoritari, invasivi ed offensivi della dignità umana, compromettano seriamente la salute di milioni di persone, prima prescrivendo farmaci e poi, quando questi non producano nel paziente i risultati sperati, suggerendo l' elettroshock, che giova alla "cura" della depressione e della tristezza nella misura in cui provoca vuoti di memoria, apatia e demenza. La stessa genesi e storia della terapia lascia perplessi: l' idea venne nel 1938 a Ugo Cerletti e Lucio Bini dall' osservazione di maiali anestetizzati con una scarica elettrica prima di essere condotti al macello.Nel corso del '900 migliaia di internati furono sottoposti alla lobotomia elettrica con grande entusiasmo degli psichiatri che operavano nei manicomi poichè con essa gli "agitati" erano più tranquilli.Ma l' elettroshock non rimase chiuso nei manicomi: venne utilizzato come tortura e punizione durante la Grande Guerra e servì da ottimo strumento di repressione del dissenso durante gli anni Settanta,in Italia come in Argentina. Negli anni Ottanta quando ormai questa pratica brutale sembrava destinata al disuso, venne rivalutata e iniziò il suo riutilizzo a partire dagli USA. L'APA(Associazione Psichiatrica Americana) creò appositamente nel 1996 una task force per la raccolta di tutte le sperimentazioni di nuovi metodi elettroconvulsionanti che condussero a risultati favorevoli alla reintroduzione dell' operazione elettrica equiparata, nella sua nuova forma,ad un intervento chirurgico,o meglio di psicochirurgia.La spinta più grande alla ridiffusione dell' elettroshock non è però da attribuire a progressi medico-scientifici, quanto a fattori puramenti economici, visto che le compagnie di assicurazione statunitensi pagavano dopo il settimo giorno di ricovero solo nel caso in cui i pazienti necessitassero di interventi chirurgici.

In Italia gli studi favorevoli alla sua reintroduzione vengono recepiti nel 1996 da una circolare dell' allora Ministro della Salute R.Bindi che definiva l' elettroshock "presidio terapeutico di provata efficacia" consigliandone l' utilizzo.Il Comitato Bioetico Italiano bocciò l' eletroshock nelle strutture pubbliche permettendolo solo in quelle private convenzionate. L' effetto principale della circolare fu quello di trasformare l' elettroshock da prestazione ambulatoriale a prestazione chirurgica con il conseguente aumento del costo (il ticket passò da 70.000 £ a 500.000 £ più i costi per le prestazioni della clinica convenzionata);a presidiare l' intervento oltre allo psichiatra troviamo ora un medico anestesista e tre infermieri.

Ci teniamo a ribadire che nonostante le moderne vesti di intervento chirurgico, l' elettroshock rimane uno strumento di tortura, una disumana violenza, un attacco all' integrità psicologica e culturale, oltre un grande trauma, per chi lo subisce. Insieme ad altre comuni pratiche delle psichiatria come il TSO (trattamento sanitario obbligatorio) e l' ASO( accertamento sanitario obbligatorio), l' elettroshock è un esempio se non un' icona della coercizione e dell' arbitrio esercitato dalla psichiatria e dalla società nei confronti di non riesce o non vuole NORMALIZZARSI.


COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD-PISA COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO VIOLETTA VAN GOGH-FIRENZE TELEFONO VIOLA MILANO T28 COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO di BERGAMO aderisce al comunicato COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO di MODENA.

sabato 23 febbraio 2008

OSPEDALE PSICHIATRICO GIUDIZIARIO - manicomio criminale...

La costruzione teorica che giustifica l' esistenza di strutture aberranti come l' o.p.g è da ricercarsi nell' associazione lombrosiana fra "malattia mentale" e violenza.
Essa si è talmente radicata nella cultura che, nonostante sia passato molto tempo dalle teorizzazioni di Lombroso, permane ai nostri giorni la sostanziale diffidenza nei confronti del comportamento e della parola di chi è considerato "malato di mente"
In parole povere l' o.p.g. ha avuto così tanto successo perchè permetteva la segregazione di chi ha come unica colpa quella di esprimersi diversamente, di vivere in condizionim disagiate, di essere quello meno forte in un conflitto o di essere non conforme all' ordine costituito.
Ed è esmpre l' irrazionale terrore che il diverso suscita negli omologati al sistema,a giustificare le forme di contenzione fisica e farmacologica che hanno il solo scopo di anniettare la persona.
Chi ha la sfortuna di essere intrappolato nella maglia della psichiatria, sia a livello manicomiale che carcerario, viene automatoicamente considerato una non/persona, priva di qualsiasi sentimento o diritto.
La segregazione in o.p.g, come nei reparti psichiatrici all' interno dei carceri, può essere considerata una "doppia pena".

La restrizione della libertà, già di per sè violenta e disumana, sembra non essere sufficiente.
Essa deve essere accompagnata da una terapia farmacologica che garantisce la totale non pericolosità del soggetto in questione.
La storia e il quotidiano ci insegnano come sia molto più semplice tenere lon tano,reprimere tutto ciò che METTE IN DISCUSSIONE LA NOSTRA NORMALITA'.Molto più difficile sembra essere accettare la DIVERSITA', confrontarsi con essa: mettersi in discussione, capire richiede uno sforzo sicuramente maggiore di quello necessario per la negazione dell' ALTRO.

Non scardinare questo meccanismo, significa alimentare l' intolleranza nei confronti dell' immigrato, del detenuto, del tossicodipendente, dello zingaro, del "malato mentale".

Uno dei concetti chiave che giustificano l' applicazione di misure di sicurezza( qualsiasi provvedimento preso dall' autorità giudiziaria nei confronti di chi viene considerato o sospettato di essere SOCIALMENTE PERICOLOSO ), come ad esmpio all' interno dell' o.p.g. è quello di imputabilità
L' imputabilità è l' insieme delle condizioni previste dal diritto penale, in particolare la capacità di intendere e volere, necessarie affinchè un soggetto possa essere ritenuto responsabile delle proprie azioni e possa essere chiamato a risponderne.
Durante il processo il giudice può comminare o meno una misura di sicurezza a seconda della capacità di intendere e volere attribuita al soggetto giudicato.
Il codice penale prevede tre possibilità.Nel caso in cui il soggetto è dichiarato capace di intendere e volere, egli è considerato imputabile e sottoposto ad un processo che stabilirà la sua colpevolezza o innocenza.L' incapacità di intendere e di volere è correlata al proscioglimento dell' accusa, quindi all' applicazione di una misura di sicurezza.In questo caso il processo è interrotto.
Non si riconosce il diritto alla difesa e il soggetto è giudicato e rinchiuso.
L' attestazione di una infermità è correlata all' applicazione di una pena diminuita da sommare ad una misura di sicurezza in casa di cura o O.P.G.: solo quando si riterrà venuta meno LA PERICOLOSITà SOCIALE, il soggetto sarà pronto per scontare la propria pena in carcere.

Dichiarare che un soggetto è incapace di intendere e di volere, significa non solo negare le ragioni per cui un individuo, in un momento particolare della sua vita, ha deciso di compiere un determinato atto, ma anche condannarlo senza che egli abbia mai più la possibilità di difendersi dalle accuse che gli sono rivolte.

Chi da quel momento in poi darà ascolto alle parole di un "PAZZO CRIMINALE"?

Il soggetto che si accolla la responsabilità di stabilire la capacità di intendere e di volere di qualcuno, è lo PSICHIATRA.

La perizia che egli, su richiesta del giudice, è chiamato a stilare deve rispondere a tre quesiti fondamentali:

- se al momento del fatto il soggetto era capace di intendere e di volere
- se questa capacità è temporanea o permanente
- se ciò fosse dovuto da "infermità mentale" o cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti, e se sia attualmente persona socialmente pericolosa.

Nonostante non esista nessun fondamento scientifico, si persiste a dare per scontato che dove c'è la "malattia mentale" c'è anche incapacità di intendere e di volere.La diagnosi risulta funzionale all' incasellamento del soggetto all'interno di categorie che, a loro volta giustificano l' intervento terapeutico, cioè un massiccio bombardamento farmacologico.

Accolta la perizia, il giudice deve stabilire in via definitiva se il soggetto è da considerarsi capace o meno di intendere e di volere, avvalendosi del suo ruolo istituzionale e della sua autonomia.Egli, in sostanza, potrebbe giungere a conclusioni che si discostano notevolmente da quelle del perito.
Potrebbe, ma nella realtà dei fatti il giudice finisce con l' attenersi puntualmente al risultato della perizia, delegando al perito un potere straordinario: quello di essere allo stesso tempo P.m e giudice.
Ovviamente anche nell' interrogatorio che precede la stesura della perizia,vengono negati al soggetto i diritti alla difesa.L'interrogatorio avviene senza la presenza di altre persone,nemmeno dell' avvocato difensore, e l' imputato non viene avvertito che le informazioni che fornisce al perito, possono essere utilizzate per una sua condanna.

La legislazione italiana prevede un diverso criterio a seconda che vengono comminate pene vere e proprie o misure di sicurezza, durata predeterminata per le prime, indeterminata per le seconde.
Poichè per chi è considerato non imputabile non è prevista una sanzione penale, si ricorre alle misure di sicurezza a tempo non determinato, armi attraverso le quali il potere giudiziario assicura comunque l' allontanamento di soggetti potenzialmente pericolosi per l' ordine costituito.
La pericolosità sociale è un concetto arbitrario che rispecchia la cultura del tempo: così nei secoli pericoloso poteva essere l' omosessuale o chi si masturbava, senza nessun fondamento di altro ordine.

Giuridicamente è considerato pericoloso il soggetto che abbia commesso reato e che per lo stesso non sia considerato imputabile, ma a cui è attribuita una capacità di commettere in futuro, non necessariamente la stessa tipologia di reato, ma qualsiasi altro reato previsto dal codice di procedura penale.
Inoltre questo risulta essere in contrasto con le tesi psichiatriche stesse che non riescono a dimostrare la connessione fra "malattia mentale" e REATO.

Collettivo antipsichiatrico Violetta Van Gogh - Firenze.

venerdì 22 febbraio 2008

GLI ERGASTOLI BIANCHI...DOVE LA PENA NON HA MAI FINE

SABATO 23 FEBBRAIO ORE 18.00
PRESSO UNDERGROUND via Furietti 12/b quartiere Malpensata- BERGAMO

testimonianza diretta di un ex detenuto in un o.p.g ( ospedale psichiatrico giudiziario )

dibattito

a seguire

cena vegan benefit

spettacolo teatrale : " Monologo per i sordi "

"L' inquisizione si è fatta medica, hanno montato letti a mo di palo e nel rogo chimico fanno cenere dei figli di Giordano".